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domenica 18 luglio 2021

INTERVISTA A GASTONE CAPPELLONI PER IL PROGETTO FOTOGRAFICO L'ITALIA CHE SI RACCONTA A CURA DI GIOIA LOMASTI

 

LOCANDINA A CURA DI GIOIA LOMASTI
OMAGGIO ALL'AUTORE
FOTOGRAFIA A CURA DI 
GASTONE CAPPELLONI

Gastone  Cappelloni vive a Sant’Angelo in Vado, sua terra natia, in provincia di Pesaro e Urbino ai piedi dell’Appennino Marchigiano. Poeta contemporaneo e fotografo per passione. Classe ’57 e quinto di sei figli, inizia il suo percorso lavorativo all’età di quattordici anni... lavorando ha potuto aiutare i genitori grazie allo stipendio, la vita era dura, dove ancora in atto, per così dire la ricostruzione, iniziando il boom economico. Le possibilità di studiare ci sarebbero state, ma preferì  il lavoro; rimpiangendo forse di non aver continuato gli studi, ma la realtà era poter essere d'aiuto alla famiglia. Per i suoi genitori oggi scomparsi, la vita è stata durissima, persone povere ma ricche di umanità e d’incorruttibili valori. Quei valori che gli permisero, e alla grande, di vivere con il sorriso e l’altruismo nel cuore della quotidianità. è nipote di Lino Cappelloni, che come tanti hanno intrapreso quel viaggio in terre lontane, ma portando con sé l’amore per la loro terra in quel di Mar del Plata. Ricorda ancora le parole negli anni “… Gastone non dimenticarti mai dello zio e dei nostri parenti d’Argentina, perché in quella terra pulserà per sempre il nostro sangue … ”. Attraverso il dolce sentire interpretato nelle poesie e nel suo percorso, ha voluto realizzare un progetto autentico che vive di vita vissuta. Anche il degrado, che nel tempo ne racconta la storia e resta ricchezza, nei giorni e nelle notti del tempo passato. L'Italia che si racconta è un progetto che ha radici antiche e che dedica alla sua famiglia. 

Parlaci del tuo progetto, che suscita grazie alla fotografia grande umanità, raccontandoci la sua storia in uno scorcio d'Italia

Questi scatti desiderano lasciare una piccola riflessione a chi lontano seppe rendere vivo con sentimento e affetto la presenza, perché dovendo abbandonare con struggente malinconia l’amata Patria ha potuto contribuire ad erigere un Paese possente e dignitoso. “L’Italia che si racconta” potrebbe essere la didascalia che accompagna il ricordo visivo di costruzioni in disuso, ruderi ridotti a cumuli di macerie, case rurali che raccontano il passato mai remoto di epoche contadine che “spettano” a ciò che rappresenta il sangue pulsante dei nostri avi, delle genti nostre.



Quantificando il materiale prodotto in che veste potrebbe essere concretizzato?

La linea che vorrei fosse carpita è data da uno spaccato che rivive attraverso testimonianze dirette e indirette e che ha caratterizzato povertà, miserie, privazioni ma anche solidarietà, valori e abnegazione nell’aiuto fraterno, che erano fondamento nella collettività. Il nulla accompagnava la sopravvivenza quotidiana, per questo, generazioni senza nome lasciano in eredità tesori d’inestimabile valore, sconosciuti ai più, ma scolpiti nella memoria dei tempi. La veste che vorrei ricoprisse questo progetto, sarebbe lasciarne memoria, tramite la realizzazione di progetti audio/video, libri e valutando anche la cinematografia in quanto molti ferma immagini potrebbero essere di pregio in progetti dedicati ai luoghi percorsi e carpiti nell'anima del fotogramma.

 

Ritieni che la maestria espressiva quale la tua vena poetica, sia fondamentale se collocata a fronte dello scatto fotografico?

Credo, almeno spero di suscitare in chi legge con gli occhi, le stesse emozioni che esprimono la mia poetica, lo stesso spaccato emotivo che spera di ripercorrere con occhi sognanti di generazioni senza nome di una cultura contadina affidata ai racconti di anziani oramai al tramonto. Lo scatto fotografico rimane un frammento visivo e inoppugnabile, che testimonia con genuinità e severità il decorso di ciò che eravamo e che lasciamo irrimediabilmente con e nell’incuria.

Che cosa vuoi rappresentare nel tuo percorso attraverso queste riproduzioni?

Semplicemente mettere assieme i tanti frammenti della nostra esistenza, il puzzle dove le storie si somigliano, s’incastra perfettamente, anche se l’identità che si perde nella notte dei tempi è il riverbero di ognuno; cambiano i soggetti ma le storie rimangono le stesse perché s’identificano nelle medesime rinunce e privazioni. Noi “siamo” le cornici di quelle rappresentazioni, ecco perché si ha l’obbligo morale di preservarne il valore storico e culturale lasciando ai posteri l’immortalità di un’epoca imprescindibile.

 


 

Che valore ha fotografare reminiscenze intese come oggetti dismessi che arrestano in rovine senza tempo?

Rivivere e non solo ma vivere attivamente le reminiscenze di un passato presente completa in modo efficace la stessa identità contadina che appartiene, e lo affermo con orgoglio, sia alla famiglia del mio babbo, sia di quella di mia madre, che ho vissuto in maniera totale. Oserei dire un passaggio di consegne che non può rimanere taciuto e dimenticato “senza possibilità d’appello”.

Essendo cresciuto in quell’ambiente “campagnolo”, non potrei tradire gli stessi principi e nemmeno dimenticare macerie, che offrirono a Dio il valore dell’insegnamento. 

FOTOGRAFIA A CURA DI GASTONE CAPPELLONI, TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI ALL'AUTORE, QUESTA INTERVISTA A CURA DI GIOIA LOMASTI NON PUÒ' ESSERE COPIATA NE IN PARTE NE TOTALMENTE IN QUANTO ESCLUSIVA PER QUESTO CANALE.

                                                                                                                                    

 

 

 

 

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