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sabato 2 settembre 2017

È uscito “Ingólf Arnarson - Dramma epico in versi liberi. Un Prologo e cinque atti”, opera poetica e teatrale di Emanuele Marcuccio

Comunicato Stampa












È uscito il 28 agosto 2017, Ingólf Arnarson - Dramma epico in versi liberi. Un prologo e cinque atti, grande opera poetica e teatrale di ambientazione islandese di Emanuele Marcuccio per i tipi della marchigiana Le Mezzelane Casa Editrice, nella collana di Poesia “Ballate”. Il volume raccoglie un vasto lavoro iniziato nel maggio 1990 e terminato nell’aprile 2016. Un totale di 2380 versi con un lavoro di ben diciannove anni escludendo i sette complessivi di interruzione.
La pubblicazione di 188 pagine riporta in copertina un particolare dell’opera “Oltre le apparenze” della pittrice Alberta Marchi e si apre con una nota di Introduzione a cura dell’autore, continuando con una Prefazione a cura del critico letterario Lorenzo Spurio e terminando con una Postfazione a cura del critico letterario Lucia Bonanni (“Una introduzione alla drammaturgia dell’Ingólf Arnarson”), già capitolo di un suo saggio monografico sul dramma di Marcuccio, che la Bonanni pubblicherà prossimamente. Impreziosisce il tutto una Nota storica a cura del Prof. Marcello Meli (ordinario di Filologia germanica presso l’università di Padova) e una quarta di copertina a cura del critico letterario Francesca Luzzio.

Scrive Marcuccio nella nota di introduzione: «La poesia fa parte del mio essere, la prosa non è nelle mie corde (preferisco leggerla), non riuscirei mai a scrivere un racconto né un romanzo. Ho scelto quindi il teatro e un dramma in versi liberi per cercare di esprimere la mia vena narrativa e, al contempo, continuare a cercare di esprimere la poesia che il cuore mi detta, cesellando il verso, sempre alla ricerca della migliore musicalità e fluidità nel ritmo, nella cadenza e alla lettura. Versi liberi e non certo anarchici, versi di varia lunghezza, sorretti da una diversa metrica, costituita non dal numero delle sillabe o dalla rima, ma da assonanze, consonanze, figure di suono e dalle necessarie figure retoriche. Con tutto il rispetto per i grandi poeti della nostra letteratura, i quali, fino all’Ottocento hanno fatto largo uso di metrica quantitativa, al punto da comprendere che il suo impiego non era più necessario.» (p. 21)

Scrive Lorenzo Spurio nella Prefazione: «Il dramma di Marcuccio tratta con originalità e chiarezza di linguaggio molti topos dell’epica germanica: i riferimenti ai combattimenti, al cozzar di spade, all’importanza della fama e della gloria; l’impiego di prove per testare la valorosità dell’eroe; la credenza e l’invocazione del fato, spesso personificato, il tema del tesoro e il motivo del viaggio in terra straniera. Essendomi occupato di fatalismo germanico, devo riconoscere che nell’opera di Marcuccio il destino non è un semplice concetto, un’idea, ma viene caricato di un significato proprio facendo di esso quasi un personaggio. Fato, destino, sorte, fortuna sono concetti che derivano dall’antico inglese wyrd, spesso personificato dalle Norne, che si riferisce a una cultura precristiana, pagana. A tutto ciò Marcuccio aggiunge elementi che rimandano alla conversione dell’Islanda al cristianesimo: la presenza di un monastero e di monaci, l’influenza celtica, la presenza di croci che viene, quindi, a rappresentare una fase successiva di sviluppo politico-sociale-economico della vita dell’Islanda di epoca norrena.
Tuttavia ciò che Marcuccio narra non è solo un racconto epico, è molto di più. È evidente, infatti, la potenza del lirismo, soprattutto in alcuni momenti, come nella scena d’amore tra Sigurdh e Halldóra e, allo stesso tempo, di una certa vicinanza alla cultura popolare con riscontrabili cadenze e dialettismi che rendono particolarmente significativo e vivo il testo, sottolineando quanto sia importante la componente orale nella trasmissione della cultura.» (pp. 30-31)

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