Gastone Cappelloni vive a Sant’Angelo in Vado, sua terra natia, in provincia
di Pesaro e Urbino ai piedi dell’Appennino Marchigiano. Poeta contemporaneo e
fotografo per passione. Classe ’57 e quinto di sei figli, inizia il suo
percorso lavorativo all’età di quattordici anni... lavorando ha potuto aiutare
i genitori grazie allo stipendio, la vita era dura, dove ancora in atto, per
così dire la ricostruzione, iniziando il boom economico. Le possibilità di
studiare ci sarebbero state, ma preferì il lavoro; rimpiangendo forse di non aver
continuato gli studi, ma la realtà era poter essere d'aiuto alla famiglia. Per
i suoi genitori oggi scomparsi, la vita è stata durissima, persone povere ma
ricche di umanità e d’incorruttibili valori. Quei valori che gli permisero, e
alla grande, di vivere con il sorriso e l’altruismo nel cuore della
quotidianità. è nipote di Lino
Cappelloni, che come tanti hanno intrapreso quel viaggio in terre lontane, ma
portando con sé l’amore per la loro terra in quel di Mar del Plata. Ricorda
ancora le parole negli anni “… Gastone non dimenticarti mai dello zio e dei
nostri parenti d’Argentina, perché in quella terra pulserà per sempre il nostro
sangue … ”. Attraverso il dolce sentire
interpretato nelle poesie e nel suo percorso, ha voluto realizzare un progetto
autentico che vive di vita vissuta. Anche il degrado, che nel tempo ne racconta
la storia e resta ricchezza, nei giorni e nelle notti del tempo passato.
L'Italia che si racconta è un progetto che ha radici antiche e che dedica alla sua
famiglia.
Parlaci del tuo progetto, che suscita grazie alla fotografia
grande umanità, raccontandoci la sua storia in uno scorcio d'Italia
Questi scatti desiderano lasciare una piccola riflessione a chi lontano seppe rendere vivo con sentimento e affetto la presenza, perché dovendo abbandonare con struggente malinconia l’amata Patria ha potuto contribuire ad erigere un Paese possente e dignitoso. “L’Italia che si racconta” potrebbe essere la didascalia che accompagna il ricordo visivo di costruzioni in disuso, ruderi ridotti a cumuli di macerie, case rurali che raccontano il passato mai remoto di epoche contadine che “spettano” a ciò che rappresenta il sangue pulsante dei nostri avi, delle genti nostre.
La linea che vorrei fosse carpita è data da uno spaccato che rivive attraverso testimonianze dirette e indirette e che ha caratterizzato povertà, miserie, privazioni ma anche solidarietà, valori e abnegazione nell’aiuto fraterno, che erano fondamento nella collettività. Il nulla accompagnava la sopravvivenza quotidiana, per questo, generazioni senza nome lasciano in eredità tesori d’inestimabile valore, sconosciuti ai più, ma scolpiti nella memoria dei tempi. La veste che vorrei ricoprisse questo progetto, sarebbe lasciarne memoria, tramite la realizzazione di progetti audio/video, libri e valutando anche la cinematografia in quanto molti ferma immagini potrebbero essere di pregio in progetti dedicati ai luoghi percorsi e carpiti nell'anima del fotogramma.
Ritieni che la maestria espressiva quale la tua vena
poetica, sia fondamentale se collocata a fronte dello scatto fotografico?
Credo, almeno spero di suscitare in chi legge con gli occhi,
le stesse emozioni che esprimono la mia poetica, lo stesso spaccato emotivo che
spera di ripercorrere con occhi sognanti di generazioni senza nome di una
cultura contadina affidata ai racconti di anziani oramai al tramonto. Lo scatto
fotografico rimane un frammento visivo e inoppugnabile, che testimonia con
genuinità e severità il decorso di ciò che eravamo e che lasciamo
irrimediabilmente con e nell’incuria.
Che cosa vuoi rappresentare nel tuo percorso attraverso
queste riproduzioni?
Semplicemente mettere assieme i tanti frammenti della nostra
esistenza, il puzzle dove le storie si somigliano, s’incastra perfettamente,
anche se l’identità che si perde nella notte dei tempi è il riverbero di
ognuno; cambiano i soggetti ma le storie rimangono le stesse perché
s’identificano nelle medesime rinunce e privazioni. Noi “siamo” le cornici di
quelle rappresentazioni, ecco perché si ha l’obbligo morale di preservarne il
valore storico e culturale lasciando ai posteri l’immortalità di un’epoca
imprescindibile.
Essendo cresciuto in quell’ambiente “campagnolo”, non potrei tradire gli stessi principi e nemmeno dimenticare macerie, che offrirono a Dio il valore dell’insegnamento.
FOTOGRAFIA A CURA DI GASTONE CAPPELLONI, TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI ALL'AUTORE, QUESTA INTERVISTA A CURA DI GIOIA LOMASTI NON PUÒ' ESSERE COPIATA NE IN PARTE NE TOTALMENTE IN QUANTO ESCLUSIVA PER QUESTO CANALE.