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domenica 18 luglio 2021

INTERVISTA A SANDRO ORLANDI, AUTORE DI TESTI, CANTAUTORE E COMPOSITORE A CURA DI GIOIA LOMASTI

 


Sandro Orlandi Scrittore, poeta, cantautore e compositore è nato a Roma nel 1951. Vive a Macerata con sua moglie Maristella e con lei condivide il bisogno di esprimersi attraverso la scrittura, principalmente, ma anche la musica delle sue canzoni. Medico ospedaliero ormai in pensione, può finalmente dedicarsi alla sua passione di scrivere racconti, poesie e romanzi, dopo essersi cimentato a lungo nel comporre brani musicali, di cui è stato compositore, sia nei testi che nelle melodie. Ama cimentarsi nell’inventare personaggi, situazioni, storie di vita vissuta e quotidiana in cui poter esprimere il proprio pensiero, prendendo spesso spunto da fatti realmente accaduti, convinto, com’è sempre stato, che la realtà possa essere interpretata anche in modi diversi e che la stessa storia può avere significati inconsueti se viene analizzata da diversi punti di vista. Due i cd incisi con l’aiuto di un suo amico musicista arrangiatore, per un totale di trenta brani, alcuni dei quali premiati; numerosi sono i romanzi, le raccolte di racconti, le sillogi poetiche pubblicate, e diversi i riconoscimenti e i premi conseguiti. La sua ultima pubblicazione, sempre con la casa editrice Antipodes di Palermo, con cui da anni ormai ha scelto di collaborare, è la sua autobiografia, ma sta già lavorando al suo nuovo romanzo.

 

Dove hai attinto la predisposizione per la musica e com’è nato il desiderio di creare testi?

 

Pur non avendone consapevolezza, fin da ragazzo ho avuto la predisposizione a “comporre musica” non solo ad ascoltarla. Forse ho risentito del periodo felice in cui vivevo, con il pop che invadeva il mondo, e il richiamo per me fortissimo di gruppi come i Beatles e i Rolling Stones. Credo però che ancora di più abbiano contribuito personaggi come Luigi Tenco e Fabrizio De Andre’,  ma anche Bob Dylan e Joan Baez, che mi hanno fatto scoprire un modo diverso di comporre canzoni. Una melodia poco commerciale può far da  supporto a un testo valido per contenuti e di stampo poetico.

A rischio di sembrare un nostalgico, cosa che non sono, credo che i testi delle “canzoni” di allora fossero molto più validi di quelli di oggi, e c’era più attenzione alla composizione musicale. Certo a fronte di quei brani ormai famosi e passati alla storia c’erano anche le canzonette, o i tormentoni da spiaggia, che però mi hanno sempre lasciato indifferente. All’epoca di quelli che oggi si chiamano “gruppi” e che allora venivano definiti complessi musicali, composti da quattro o cinque persone in grado di “orchestrare” con pochi strumenti un brano melodico o rock, io scelsi di suonare la batteria. Mi immergevo completamente nel mio ruolo, concentratissimo sul ritmo che ho sempre sentito dentro di me. Con ottimi risultati devo dire. Solo dopo sono arrivato alla chitarra e con essa, negli anni, da adulto,  ho cominciato a considerarla davvero “uno strumento” di espressione di quanto avevo da dire, a parole e in musica.

A chi sono ispirati i titoli delle tue canzoni? Quale ti rappresenta maggiormente?

 

Per me le canzoni sono racconti in versi, valorizzati da una melodia adeguata che ne aumenti l’espressività. Molto difficile, impossibile direi, scegliere quella che più mi rappresenta, ma sicuramente alcuni brani come “Raffaella” o “Due lenzuola bianche”, “Una casa in fondo al mare” o “Ninna nanna” sono tra quelli a cui sono più affezionato.

 

Vi è stato un totale cambiamento nel tempo che ha modificato l’ascolto musicale, dagli Lp alle musicassette, sino ai compact disc e ai lettori di Mp3. A tal proposito in qual misura lo ritieni favorevole. Internet ha ampliato o causato troppa mescolanza nel panorama musicale?

 

La musica è ovunque ma soprattutto dentro di noi. A ben vedere, se guardiamo con occhi diversi la realtà che ci circonda, ci accorgiamo che tutto quel che ci circonda può racchiudere in sé un significato artistico in senso più ampio, ma per capirlo dobbiamo fare come quando si guardano le stelle: spegnere tutte le luci superflue, in altre parole eliminare l’inquinamento luminoso. Per la musica bisogna guardarsi intorno eliminando l’inquinamento acustico esterno, ma soprattutto quello determinato da false convinzioni inculcateci dalla nascita. Anche il movimento di un astro può indurre a una melodia, come il volo di una farfalla, lo scorrere di un torrente, la pioggia che batte sul tetto o il silenzio della neve che cade. La natura, nostra madre, ce lo mostra, se siamo in grado di apprezzarlo. Orecchio musicale, che altro non è se non orecchio interiore.

Certo oggi ascoltare musica è molto più semplice, diretto, alla portata di tutti, e i sofisticati mezzi a disposizione sono riusciti ad eliminare il famoso fruscio dell’LP, il danneggiamento naturale dei Cd, la rottura del nastri delle musicassette, e si ottiene un suono sempre più pulito, assoluto. Ma la troppa tecnologia ha i suoi lati negativi, i suoi “contro”, e la musica diventa troppo invadente, facile da trasmettere, magari anche senza senso. Come mai negli ultimi anni sono tornati di moda gli Lp?

 


Quali delle tue passioni ami far emergere oltre la musica?

 

Ho iniziato quasi per sbaglio a scrivere all’età di diciassette anni. Era solo una raccolta di pensieri più che poesie. Poi fino ai quarant’anni circa non ho più scritto niente, preso com’ero a cercare di vivere la vita degli altri. Ma un giorno, ammirando mia figlia di tre anni che dormiva beata mi è ripresa la smania e ho ricominciato con le poesie. Ho proseguito così quasi di nascosto componendo canzoni con la chitarra, poi mi sono messo a studiare per potermele trascrivere e depositare alla SIAE, poi le ho incise. Col passare degli anni ho iniziato a creare storie, racconti, per poi approdare ai romanzi, arrivando perfino a un piccolo saggio teatrale e in ultimo all’autobiografia. Naturalmente nel frattempo ho continuato a lavorare come medico, a studiare e a frequentare scuole di scrittura, ma sempre senza smettere di scrivere. Questa, a guardar bene, è la mia vera passione. Le canzoni, i racconti, le poesie, i romanzi, fanno parte di qualcosa di unico che porta a ciò che più mi appaga: poter esprimere e condividere ciò che provo e penso di quel che mi circonda.

 

Ritieni importante che vi siano talent show che creano nuovi artisti?

 

Sui talent show non mi pronuncio, ma credo che sarebbe molto importante e giusto avere più rispetto per l’impegno e il talento vero, cosa che riguarda tutto il campo artistico, da sempre sottovalutato e sminuito in Italia, senza la solita rincorsa a far soldi facili ai danni di chi l’arte la crea, senza assistere insomma al solito mercimonio sulle spalle di chi dipinge, scrive, suona e così via.

 

Come nasce una composizione musicale, che emozione dona al suo ideatore e cosa deve offrire al pubblico? Stai lavorando a nuovi progetti?

 

Prima la musica, poi il testo. Personalmente se la melodia mi suscita un’emozione, questa poi può concretizzarsi nelle parole che la esprimono, o tentano di farlo. Difficilmente accade il contrario. È davvero appagante riuscire a scrivere un brano valido per la musica e le parole, poterlo incidere o, per quelli che amano il brivido e l’esibizione, cantare da un palco in diretta. Non credo ci sia niente di più emozionante e coinvolgente. E questo prescinde dal successo e/o dal guadagno. Devo ammettere che la mia autobiografia mi ha lasciato abbastanza provato, ma è ora che riprenda a scrivere, sento di averne bisogno. Stavolta però voglio dedicarmi a qualcosa che prenda spunto da alcuni episodi realmente accaduti e che mi sono rimasti impressi.

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